“Partecipare la democrazia” è una accumulazione di storie e di memorie, di biografie e di carte, di immagini fisse e in movimento, che contribuiscono a dare corpo alla storia dell’Italia repubblicana.
Un piccolo partito di rivoluzionari, passato attraverso la lotta clandestina e l’esilio antifascista, è capace di trasformarsi, dopo la Seconda guerra mondiale e la Resistenza, in un grande partito di massa. Fa faticosamente i conti con lo stalinismo. Si impegna nella modernizzazione e nello sviluppo sociale del paese e, nello stesso tempo, all’interno del contesto istituzionale liberaldemocratico, impara a rinnovare se stesso. In Emilia-Romagna, una terra dalle forti tradizioni autonomistiche e associative, il Partito comunista cresce e si radica più che altrove, rappresentando il pilastro principale dell’organizzazione nazionale in termini di iscritti, e assumendo alcune caratteristiche peculiari che tratteggiano un “modello” di governo locale in grado di confrontarsi con le esperienze più avanzate del riformismo europeo. La parabola del PCI si esaurisce in un frangente storico, gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, nel quale è un’intera epoca a finire: in Italia, in Europa e nel mondo.
Nel contesto odierno, fatto di scenari globali e poteri sovranazionali, dove sta la sovranità? Dove sta la politica e cosa può fare? Domande di fronte alle quali crediamo convenga recuperare quello sguardo storico che consente di riannodare i fili tra passato, presente e futuro.
L'Emilia-Romagna è un crocevia cruciale per la storia del Partito comunista. Una molteplicità di luoghi-simbolo testimonia il diffondersi e il radicarsi, lungo il Novecento, dell'appartenenza e dell'attività politica legata al partito. Nella mappa che presentiamo è stato possibile ricostruire alcuni luoghi della clandestinità e della lotta antifascista risalenti ai decenni tra le due guerre mondiali. Ma anche e soprattutto le centinaia di luoghi ed eventi che, nella seconda metà del secolo, hanno lasciato il segno sul territorio regionale, caratterizzando compiutamente l'Emilia-Romagna come “Emilia rossa”.
La ricchezza e la varietà del patrimonio archivistico relativo al Pci costituiscono un punto di riferimento fondamentale per l’attività di ricerca, per l’attività didattica e per progetti espositivi e di public history rivolti a tutta la comunità. Affinché questi archivi siano percepiti come un valore e non come carte polverose da stivare in qualche magazzino, è necessario farli vivere e farli conoscere attraverso strumenti come questo ed eventi che parlino a tutti e non solo agli addetti ai lavori.
Una delle fonti più preziose per narrare la storia del Partito comunista in Emilia-Romagna sono senz'altro le testimonianze dei militanti e degli iscritti al Pci, donne e uomini che hanno attraversato la seconda metà del XX secolo partecipando ad una avventura collettiva che ha lasciato in loro tracce importanti. Un punto di vista prezioso per comprendere aspetti fondamentali come le motivazioni, lo spirito d'appartenenza, l'immaginario, la militanza.
Venne soprattutto alla luce un criterio nuovo: quello della partecipazione come paradigma dell’opera politica e amministrativa. Questo può essere, pensavamo, l’alimento di una democrazia nuova, che in parte è ancora oggi da riscoprire e riattivare nelle forme che attendono di essere ritrovate nelle nuove condizioni locali, nazionali, internazionali, nell’ambito della nostra Costituzione. Il confronto con il passato a questo fine è utile, ma più utile è guardare al futuro (Renato Zangheri, 2010).
Abbiamo ricostruito la storia del Partito comunista italiano e, contestualmente, del Pci dell'Emilia-Romagna attraverso i fatti salienti che ne hanno caratterizzato la vicenda. Dalla Rivoluzione bolscevica alla caduta del muro di Berlino i grandi eventi internazionali si riverberano in Italia e in particolare nella nostra regione: dal congresso di Imola del 1920 a quello di Rimini del 1991 il comunismo italiano ha in Emilia-Romagna una terra d'elezione, con caratteri e virtù specifiche.