Situata all’interno del complesso in cui ha sede il Teatro Ariosto di Reggio Emilia, è stata, per gran parte del Novecento, parte integrante della vita culturale della città; oggi, tra Piazza della Vittoria e il Parco del Popolo, si concentra uno dei poli culturali di Reggio, che annovera due biblioteche, un museo, una galleria d’arte e l’università. La Sala Verdi, da tempo in ristrutturazione, è di pianta rettangolare, con una capienza di circa 600 persone, soffittata a tela e dotata di un piccolo palcoscenico “a tetto”. In realtà il “piccolo Teatro Ariosto”, come veniva chiamato, non è altro che il ridotto del Teatro Ariosto stesso. La sala è chiusa al pubblico da circa trent’anni; ha ospitato per più di un secolo spettacoli culturali e iniziative di carattere politico e sociale, i corsi di alfabetizzazione nei primi decenni del Novecento, le adunate di Camillo Prampolini. Questo luogo, insieme all'intero Teatro Ariosto, fu sede anche di due importanti congressi socialisti: quello del 1893, dove il partito assunse la denominazione di “socialista”, e quello del 1912 dove l'ala riformista perse il controllo del partito. In quel frangente Sala Verdi fu sede delle riunioni della corrente rivoluzionaria del partito.
Durante il Ventennio, insieme a tutto il teatro, fu uno dei palcoscenici di propaganda del regime fascista a Reggio Emilia. Nel secondo dopoguerra ospitò i comizi della CGIL con Giuseppe Di Vittorio e quelli del PCI con Palmiro Togliatti. La sala fu tra i luoghi protagonisti del 7 luglio 1960, infatti, al suo interno, si sarebbe dovuto tenere il comizio per lo sciopero generale indetto quel giorno. Dal balcone del Teatro Ariosto, direttamente comunicante con la Sala Verdi, vennero scattate tra le fotografie più significative di quel 7 luglio 1960.
Negli anni Sessanta e Settanta la sala divenne famosa per diverse diverse iniziative, in particolare per aver ospitato nel 1966 il collettivo teatrale americano del Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina. Questo luogo si trovò ancora una volta al centro delle cronache il 22 aprile del 1979 quando venne occupato da una trentina di donne, appartenenti ai collettivi femministi cittadini, che la rivendicavano come casa delle donne. Lo sgombero avvenne quattro giorni dopo e rimase a lungo nella memoria dei movimenti politici cittadini.
Nel corso degli anni Ottanta, con il passaggio del Teatro Ariosto alla gestione pubblica, continuò la sua funzione di sala civica multifunzionale sino alla sua chiusura verso la fine di quel decennio.